Europei Femminili: è sempre e solo Norvegia

Norvegia. Norvegia. Norvegia. Norvegia. E ancora Norvegia. Il quarto titolo di fila delle guerriere vichinghe, il quinto in assoluto se aggiungiamo la ‘prima volta’ nel lontano 1998, si materializza in un fine settimana dal clima un po’ ovunque scandinavo. Come scandinave sono le squadre che si misurano nell’atto finale dei Campionati Europei di Pallamano femminile 2010: la favoritissima Norvegia e la rivelazione Svezia, che in questo torneo ha prodotto risultati a sorpresa in serie. Scandinavo è persino lo scenario: la Messecenter Arena di Herning, Danimarca. Dove parecchi degli oltre dodicimila spettatori delle fasi conclusive si auguravano di assistere ad una finalissima con protagonista la nazionale di casa, che invece si arrende a un passo dal traguardo.

Il week-end magico delle ragazze di coach Thorir Hergeirsson parte infatti con una vittoria sulle padrone di casa, in una semifinale-derby nei pronostici assai infuocata. Ma alla prova dei fatti i sogni d’oro cullati dalla Danimarca, che nelle prime cinque partite aveva abbattuto ogni ostacolo e mandato in visibilio i propri tifosi, vanno incontro ad un brusco risveglio. A suonare la sveglia per prima ci pensa Katrine Lunde Haraldsen, che si ripresenta da avversaria alla MCH Arena (dove, alcuni mesi fa, con una grande prestazione aveva contribuito in maniera determinante alla vittoria in Champions League del suo ormai ex-club, il Viborg HK), con cinque parate consecutive. Niente male come biglietto da visita, ancora di più se a tali prodezze abbiniamo le reti che portano la Norvegia sul 5-0.

La Danimarca non può gettare la spugna così presto: ritrova goal ed entusiasmo e si riporta ad una sola lunghezza (6-7). Ma con due veterane di classe come Gro Hammerseng e la 35enne Tonje Larsen in cabina di regia, non è difficile per le campionesse in carica scacciare indietro le avversarie. Proprio un goal spettacolare, al termine di una bellissima azione corale, della carismatica Hammerseng chiude il primo tempo sul 14-10. Nella ripresa, con il fondamentale contributo di Heidi Løke, le norvegesi respingono di nuovo al mittente ogni accenno di rimonta delle ragazze di Jan Pytlick, scappando fino al 29-19 conclusivo (punteggio forse eccessivamente punitivo per la Danimarca) che porta alla finalissima una squadra capace di rimanere avanti dall’inizio alla fine del match.

Il valore aggiunto della nazionale di Oslo, durante questo week-end trionfale, si chiama Linn Jørum Sulland. L’ultima sua apparizione in un grande evento internazionale risaliva alla finale di Beach Handball persa con le nostre azzurre nel Luglio 2009. Da allora per lei più che altro amarezze: la sconfitta in quella partita sulle sabbie di Larvik, la mancata convocazione ai Mondiali del 2009 in Cina, che aveva fatto scalpore in patria, ed un nuovo no ricevuto dall’allenatore prima di questi campionati. Ma alla fine l’erede di Marit Breivik ha cambiato idea e richiamato in squadra il biondissimo terzino sinistro, che non si è fatto pregare. Nemmeno per dare il suo contributo alla causa: sette goal in sette minuti giocati forse sono un record. Certo ben cinque sono rigori, realizzati con la massima freddezza (per una che agli shoot-out nella finale di beach aveva segnato persino ad una Sabrina Porini in forma europea, battere una Karin Mortensen non in giornata è quasi un gioco da ragazzi), ma il sorriso ritrovato della Sulland dà comunque un’ulteriore lezione di fiducia a squadra e tifosi.

Le danesi scontano l’assenza di Mie Augustesen, ala sinistra dal goal facile, e pagano la scarsa vena realizzativa di Camilla Dalby e Trine Troelsen. Da parte loro Anne Grete Nørgaard, Rikke Skov (che più di una volta beffa l’ex-compagna di club Haraldsen) ed il giovane pivot Susan Thorsgaard, MVP dell’incontro per le sconfitte, ci provano ma non riescono a fare più di tanto contro la macchina da successo che si trovano davanti. Ed incassano il decimo risultato negativo in altrettante sfide, giocate negli ultimi anni, contro le cugine del Nord. Forse anche quello più bruciante, date le circostanze.

Così scopriamo che l’anti-Norvegia non è la Danimarca, ma un’altra scandinava. La Svezia che, dopo aver provocato un mezzo cataclisma battendo le norvegesi a Lillehammer nella fase precedente, svolge di nuovo alla perfezione il suo ruolo di guastafeste, rovinando i piani di una Romania che in molti vedevano già approdata alla finale, dopo troppe occasioni non sfruttate a dovere negli anni precedenti. E invece no: la squadra di Radu Voina, troppo nervosa e fallosa in attacco, finisce vittima delle svedesi, e forse anche della sua stessa tendenza a squagliarsi nei momenti decisivi, al termine di un match infarcito di errori da entrambe le parti, ma equilibrato ed avvincente fino all’ultimo. Le numerose assenze, anche di rilievo, giustificano solo fino ad un certo punto la Romania, che aveva comunque sostitute di qualità: basti pensare a quella Talida Tolnai che, acquisita la titolarità tra i pali dopo il terribile infortunio della Ungureanu, ha sfoderato una prova magistrale dietro l’altra.

Assieme alla ‘solita’ Neagu, sempre brava ma stavolta più controllata e meno incisiva del solito, è il portiere di riserva di Oltchim e nazionale rumena, infatti, a tenere a galla le sue nei momenti peggiori dell’incontro, in cui ci mette lo zampino pure una certa incapacità avversaria a sfruttare a dovere i possibili contropiedi. Se certe occasioni fossero capitate alla Norvegia, probabilmente i giochi sarebbero stati chiusi prima, invece una eccessiva macchinosità nelle ripartenze impedisce alla Svezia, avanti all’intervallo dopo un primo tempo equilibrato e per buona parte della ripresa, di prendere il largo. E le costringe addirittura a recuperare nel finale, dopo che la Romania era riuscita a ribaltare il risultato grazie a una doppietta di Adriana Nechita, anche lei in campo al posto di un’infortunata (Cristina Varzaru). Trascinate da Linnea Torstenson, MVP del torneo, con l’ausilio del portiere Cecilia Grubbström e della coppia Therese Helgesson-Tina Flogman (compagne di squadra pure nel Tolone francese) le svedesi riescono a raddrizzare la situazione e conquistarsi un posto al sole, sul quale probabilmente nessuno avrebbe scommesso appena due settimane prima.

Così come, sette giorni prima, nessuno avrebbe puntato sul 24-19 con cui la Svezia aveva poi umiliato la Norvegia a casa propria, in un gustoso antipasto della futura finale. Ma su Lillehammer tornata ad ammutolirsi dopo oltre 16 anni (nel 1994 furono gli eroi dello sci di fondo locale ad essere gelati dalla staffetta italiana, ora è toccato alla pallamano …) pesava l’ombra del virus intestinale che aveva debilitato la formazione norvegese, mettendone tre fuori combattimento, compresa la Løke, che adesso invece è tornata e scoppia di salute. Ma che al fischio d’inizio della finalissima risulta ancora assente: coach Heirgersson decide, per l’ennesima volta, di non partire con la migliore formazione possibile, lasciando in panchina il pivot numero uno al mondo. Contento lui …

La Norvegia inizialmente non patisce la sua mancanza in campo: il sostituto Marit Malm Frafjord va subito in goal, e la <i>landslag</i> scappa sul 3-1 dopo sei minuti. Ma chi si illudeva pensando ad una facile passeggiata delle ragazze in maglia rossa, a dispetto di precedenti allarmanti, viene subito smentito: la proverbiale difesa svedese, perno dei successi dalla squadra anche in semifinale, si mette in moto, chiudendo i varchi alla manovra avversaria, mentre dall’altra parte ben cinque elementi diversi, segnale delle molte frecce all’arco di coach Johansson, trovano la via del goal, portando la Svezia ad un vantaggio che torna ad evocare antichi e recenti fantasmi.

Se le senatrici Hammerseng e Larsen – quest’ultima a 35 primavere suonate – sono costrette a tirare il carro norvegese, con Løke finalmente in campo ma inefficace, vuol dire che le cose non stanno andando per il meglio. Se poi la difesa, complici i blocchi operati dai pivot in giallo e blu, non risulta più così impenetrabile, e Katrine Lunde Haraldsen si smarrisce dopo una buona partenza, le cose si fanno serie, molto serie. Neppure qualche segnale di affaticamento, preludio del crollo che la attendeva nella ripresa, impedisce a Linnea Torstenson di realizzare una tripletta, perfezionata da Isabelle Gulldén nel 10-7 che, ad un paio di minuti dall’intervallo, fa già gridare ad un nuovo miracolo.

Che non avverrà. Se in buona salute, le norvegesi non sono squadra da perdersi d’animo facilmente. Soprattutto contro un avversario che, per quanto bravo a prendere loro le misure, difetta di esperienza ad alti livelli. Così capita che un inutile fallo dell’ala sinistra Jessica Helleberg su Nora Mørk regali un sette metri, e due minuti di superiorità numerica, alla Norvegia. E’ l’inizio della fine per le svedesi: Gro Hammerseng e compagnia ne approfittano per salvare il salvabile e tornare negli spogliatoi sul meno uno (10-11). Premio forse eccessivo per una Norvegia talvolta salvata dai pali e da un po’ di fortuna – come nel caso di un contropiede vincente regalato a Camilla Herrem, giocatrice tra le poche note positive dei primi trenta minuti.

7 Comments

  1. Linomito said:

    Troppo lungo questo articolo, chi vuoi che lo legga?
    Piuttosto, riflettiamo sull’ottavo posto dell’Olanda o il sesto del Montenegro…

  2. fab_xyz said:

    Cenato a pane a simpatia ieri sera eh? LOL.

    Comunque la risposta alla tua domanda è facile. Chi lo legge? Beh, tu per esempio. Visto che sei qua … E più di 150 altre persone, mi sembra di vedere.

    Tutte, credo, perfettamente in grado di trarre le conclusioni che vogliono su quel che vogliono, la Norvegia che vince, il Montenegro sesto, l’Olanda ottava (ma se è un pezzo su semifinali e finali, che c’entra l’Olanda che in semfinale non c’è? :D) oppure, che so … le squadre lussemburghesi che passano turni di coppe … eccetera, eccetera. Tutte libere di riflettere, senza nessun maestrino che gli dica cosa fare … Ciao Ciao.

  3. Linomito said:

    Vai a fare lo spiritoso da un’altra parte: la “squadra lussemburghese” di cui ti riempi la bocca ha due giocatori polacchi, due francesi, un ungherese, uno slovacco e un croato, totale: sette stranieri. (controlla QUI: http://www.eurohandball.com/ec/chc/men/2010-11/clubs/005888/HBC+Bascharage)
    La sua avversaria invece, ha tre stranieri su diciotto giocatori della rosa, di cui uno del ’92. In questa rosa ben tredici giocatori su diciotto sono prodotti del vivaio locale, di cui due titolari fissi in nazionale e altri due nel giro. E non aveva MAI vinto una partita internazionale, anzi, non l’aveva mai vinta nessuna squadra cittadina di nessuno sport, tempo fa aveva anche perso due volte con una squadra del KOSOVO! Quindi, c’è poco da fare gli spiritosi: è stato un progresso, e basta. Poi si fa tesoro delle esperienze per passare il turno la prossima volta.
    Secondo: quello non è un articolo, è un pippone illeggibile.

  4. fab_xyz said:

    Vedo che i moderatori non hanno approvato la mia precedente risposta. Giusto così, hanno fatto bene, perchè è inutile buttare altra benzina sul fuoco di una (non)polemica insensata.

    Meglio chiudere la faccenda e basta. In fin dei conti di tratta di un singolo personaggio, i cui giudizi, per quanto spesso trincianti ed in questo caso gratuitamente offensivi del lavoro altrui, (s)qualificano e definiscono più che altro chi li emette. Quando a criticare, anche con epiteti volgari, un articolo è chi non l’ha nemmeno letto, e quindi non può nemmeno entrare nel merito, viene solo da sorridere. Come viene da sorridere quando uno casca immediatamente nelle provocazioni, con reazioni scomposte (bella la lezioncina sui lussemburghesi, e pure tutte cose giuste, devo dire. Peccato che le sapessi già …).

    Inutile quindi dare rilievo ad un caso isolato che rilievo non ne merita, ho altro di meglio da fare, e preferisco ringraziare i tanti che hanno letto l’articolo. Chi apprezzandolo, chi magari no (ci mancherebbe, è più che legittimo), ma tutti (tranne appunto quel caso unico) sembrano aver capito che dietro un lavoro del genere, effettivamente lungo e forse ancor di più per questo motivo, ci sono comunque sforzi e impegno. Grazie e ciao a tutti.

  5. Benedetto said:

    nella romania mi permetto di segnalare il biondissimo pivot STANCA, con il fisico che si ritrova (non mi sembra un colosso) fa un lavoro incredibile, sguscia da tutte le parti e delle volte riesce ad impegnare due difensori, cosa che per i propri terzini e’ manna dal cielo, grandissimo anche il portiere che pur con due bei tutori alle ginocchia, ha giocato una finalina grandissima. A fine gennaio vado in Svezia per i mondiali a vedere le semifinali e finali, spero vivamente che ci siano sorprese, ne beneficerebbe tutto il movimento della pallamano

  6. fab_xyz said:

    Intanto grazie per il post che permette, FINALMENTE, di parlare di pallamano …

    Condivido nella sostanza le osservazioni. Heidi Løke al momento è inarrivabile, ma Ionela Stanca viene subito dietro. E’ brava, e sa anche guadagnarsi con abilità sette metri per la sua squadra e penalità per le avversarie, il che non guasta. Strano che sia rimasta a lungo in panchina nella semifinale con la Danimarca, ma probabilmente non era in perfette condizioni …

    Talida Tolnai ha fatto alcune ottime partite all’Europeo. E pensare che è portiere di riserva sia in nazionale che nell’Oltchim. Con l’infortunio della Ungureanu avrà più spazio anche nel suo club, dunque dovremmo vederla all’opera in Champions da Febbraio.

    Buon divertimento ai Mondiali in Svezia. Invidierei chi ci va … se non fosse per il freddo :D …

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